Turismo 4.0 è il nome della tendenza attuale di elaborazione di grandi quantità di dati raccolti da una grande quantità di viaggiatori, per creare un'esperienza di viaggio personalizzata e quindi differente da quella di moltissimi altri.
Si basa su una varietà di moderne tecnologie informatiche high-tech, - specialmente digitali, - che aiutano a raccogliere le informazioni su una moltitudine di viaggi.
Il termine deriva dal nuovo paradigma nell'industria, noto come Industria 4.0, i cui concetti vengono applicati anche nel caso Turismo 4.0, fermo restando che si tratta comunque di 2 concetti differenti.
Il Turismo 4.0 crea viaggi senza soluzione di continuità, si avvale di tecnologie della rivoluzione industriale, quali l'intelligenza artificiale, l'Internet of things, l'analisi dei big data e il cloud computing, per rendere le esperienze di viaggio più efficienti, più sicure, più ecologiche e meno problematiche ottimizzando i tempi di viaggio, e minimizzando i costi per i viaggiatori.
Di fronte a enormi cambiamenti nei settori del turismo, dei viaggi e dell'aviazione, c'è molto altro da considerare oltre alla tecnologia avanzata e alla diversa esperienza di viaggio.
Il nuovo paradigma del turismo influenzerà ogni settore intorno a sé.
Turismo, il nostro "padrone" è chi ci conosce meglio
La gente va ancora al mare, visita ancora le nostre città più belle, passeggia ancora tra le nostre montagne. No, questo non è cambiato affatto, e non è destinato a cambiare.
È tutto il resto che è cambiato: da come si scelgono le destinazioni turistiche, a come si pagano i servizi e si distribuiscono i ricavi; da come si assumono le informazioni al modo come si trova l'ispirazione per un viaggio.
Tutto.
È cambiato proprio tutto.
Cerchiamo un albergo?
Andiamo sui grandi server delle agenzie online.
Loro già hanno immagazzinato le nostre informazioni e creato un nostro profilo tendenzialmente sempre più accurato: chiediamo una certa fascia di prezzo, vediamo sempre se c'è il wi-fi o il parcheggio, abbiamo bambini piccoli o viaggiamo da soli. In sostanza, hanno spesso (e sempre di più) una tale conoscenza delle nostre preferenze che ci propongono proprio quello che vogliamo.
Chi è il nostro "padrone", l'albergo o l'agenzia online?
Pensavamo di andare a Londra il prossimo week-end.
Abbiamo già visto qualche volo.
Da adesso in poi, per almeno una settimana, qualunque sito guardiamo, e su qualunque argomento sia, ci inseguono i banner con i voli per Londra.
Ok, il prezzo e il momento sono giusti: acquistiamo e partiamo.
Chi è il nostro "padrone", la compagnia aerea o l'agenzia digitale che ha piazzato al momento giusto, con le giuste parole e i giusti argomenti il banner pubblicitario?
Siamo appena arrivati nella nostra destinazione delle vacanze.
Sappiamo poco, o comunque vogliamo sapere se ci sono novità; per esempio, dove si potrebbe mangiare stasera?
Vediamo cosa consigliano i siti che recensiscono il settore della ristorazione, allora.
Oppure siamo più esigenti, ci ricordiamo solo quel piatto della zona che ci piace molto, ma non sappiamo di più.
Ecco Google, scriviamo il piatto, la zona, ecc. e troviamo dove mangiare.
Chi è il nostro "padrone", il ristoratore, di cui fino a un attimo prima ignoravamo persino l'esistenza, o il motore di ricerca?
Il nostro "padrone" è chi ci conosce meglio;
chi conosce con accuratezza le nostre preferenze;
chi, incredibilmente, sa di noi più di quanto noi sappiamo di noi stessi.
Tra quello che raccontiamo a voce e quello che si deduce dai nostri comportamenti sullo schermo o sulla tastiera, sono sicuramente più attendibili i secondi.
Chiamateli, se volete, big data.
Se tutto questo è vero, se è vero che l'interlocuzione che abbiamo ogni istante è con i server che contengono le nostre e le altre informazioni, allora cosa cambia per la promozione turistica?
Certo alcune cose di base restano: la piantina della città, nonostante tutte le innovazioni tecnologiche, è ancora necessaria; un piccolo ufficio di informazione turistica ci dev'essere, almeno nei luoghi di grande influenza; un senso d'accoglienza fisica ogni destinazione turistica deve pur approntarlo.
Ma la guerra non si gioca più lì. O non solo lì.
Il punto cruciale è che la battaglia si svolge in un contesto globale.
I server che danno informazioni, che immagazzinano le preferenze dei consumatori e distribuiscono i prodotti, sono eterei, ubiqui, e non stanno in Italia.
Sono privati, anzi privatissimi. E seguono un criterio molto semplice: se non vuoi aderire (che tu sia un esercente o un consumatore) non aderire.
Sappi però che se non aderisci, non esisti.
E questo se per un consumatore sarebbe comunque fronteggiabile, non lo stesso per un esercente.
Chi può permettersi una clientela tutta sua, di cui sia totalmente "padrona"?
Allora bisogna giocare allo stesso gioco.
Ogni albergatore, per esempio, potrebbe riportare alla sua scala, quelle qualità digitali (se non tutte, almeno alcune) su cui i grandi server hanno piena agibilità e così rendersi relativamente autonomi. Operazione difficile, ma possibilissima. Ma è al livello macro, cioè nazionale (o almeno regionale) che le cose diventano ancora più interessanti.
Migliaia, anzi milioni, di persone chiedono ai nostri enti di promozione turistica delle informazioni.
Li possiamo raccogliere, organizzare, indicizzare.
Possiamo avviare con loro un dialogo, senza essere degli stalker, ovviamente. I dati sulle preferenze dei consumatori sono venduti e acquistati, cioè esiste un mercato anche di questo.
La pubblicità delle destinazioni può diventare "intelligente": posso indirizzarla a specifici target di pubblico in maniera esatta, proprio quando si prendono le decisioni, o stanno per essere prese.
Se da un IP (indirizzo del pc o telefono collegato a internet) di Monaco parte una query (cioè un testo su un motore di ricerca) su una destinazione spagnola, potrei proprio in quell'istante fargli vedere una destinazione della Sicilia o della Romagna. Per farlo bene, devo sapere le preferenze di chi ha scritto la query, le sue abitudini di viaggio, cosa preferisce. Devo sapere chi è. Così sarò efficace al massimo: il messaggio giusto, alla persona giusta, nel momento giusto.
Il mondo è fatto di "tribù", quindi di "nicchie" di mercato. Chi viaggia con gli animali, non ha altri pensieri (o quasi) che trovare un luogo per loro accogliente; chi preferisce le case, non guarda neppure gli annunci di alberghi e viceversa; chi cerca il wi-fi in maniera ossessiva vuole persino conoscere la velocità di connessione, e non basta dire che c'è; e così via, a ciascun secondo la sua tribù.
Per fare tutto questo bisogna creare un'agenzia nazionale totalmente ispirata e interna al mondo digitale.
Cosa deve fare?
Dovrebbe, in sintesi, fare "business intelligence" nel mercato dell'industria dell'ospitalità.
Detto in maniera meno sintetica?
Dovrebbe almeno:
- Monitorare la percezione, o come si dice, la "brand reputation" delle principali destinazioni turistiche, attraverso una lettura, indicizzazione e interpretazione di quanto nel mondo (digitale) viene detto e scritto su quella destinazione. Questo serve a ciascuna a capire se aggiustare il tiro, continuare nella stessa strategia di comunicazione, affinare l'offerta e quant'altro;
- Sviluppare un'attività da "big data" raccogliendo tutti dati disponibili, acquistando quelli non pubblici, assemblando fonti diverse per costruire un "data base" per indirizzare le campagne promozionali;
- Stabilire delle partnership con i principali player del mondo digitale per campagne pubblicitarie digitali che, da un lato facciano promozione dell'Italia secondo profili specifici e dall'altro forniscano elementi di conoscenza del mercato e, soprattutto, base dati di profili da utilizzare autonomamente;
- Creare, sulla base del registro nazionale degli alberghi, un sistema di prenotazione diretto con gli alberghi, in una perfetta distinzione dei ruoli: il pubblico crea la piattaforma, stabilisce gli standard, offre ai consumatori tutte le modalità di scelta dell'albergo, poi lascia che la transazione economica sia riservata ai rapporti albergatore/cliente.
Fare tutto questo significa aprire al mondo, rendere tutte le informazioni trasparenti, assecondare il mercato, cioè seguire la gente che vuole venire in Italia, lasciando che siano loro a scegliere come, dove, quando e a quale prezzo. Soprattutto quando le cose del turismo vanno bene.
La nostalgia di un passato idealizzato, quanto inefficiente, non aiuta. Non serve tornare alla macchina da scrivere, solo perché non sappiamo usare i computer, se poi lo si chiede con un twitter... è un bel paradosso.
Apriamo gli occhi, piuttosto!
Bibliografia:
www.huffingtonpost.it
Turismo, il nostro "padrone" è chi ci conosce meglio.
Antonio Preiti
Economista, Sociometrica, Censis